PIGNORAMENTO, CHE COS’È, COME FUNZIONA E COME EVITARNE LE CONSEGUENZE
In questo articolo spiegherò i tipi di pignoramento ed eventuali soluzioni.
COME FUNZIONA IL PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO?
Innanzitutto il creditore deve possedere un documento ufficiale del tribunale competente. A questo punto il creditore deve presentare prima un decreto ingiuntivo al pubblico ufficiale giudiziario e, in mancanza di opposizione da parte del debitore, si procede con l’atto di pignoramento.
il Decreto ingiuntivo
Il creditore ricorre al Tribunale o al Giudice di Pace per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, nei confronti del proprio debitore.
L’Autorità Giudiziaria emette il provvedimento ingiuntivo che verrà notificato al debitore e, in mancanza di opposizione, diverrà esecutivo, e consentirà al creditore di procedere all’espropriazione forzata come il pignoramento di beni mobili o immobili, oppure di crediti.
Dal punto di vista del creditore, il decreto ingiuntivo è lo strumento più rapido per tutelare il proprio credito ed al contempo è lo strumento più utilizzato dalle banche, che possono facilmente produrre la documentazione richiesta dalla legge per ottenere l’emissione del decreto stesso.
Il pignoramento dello stipendio può avvenire in due modalità:
Pignoramento notificato al datore di lavoro
la somma trattenuta è antecedente al versamento dello stipendio e il datore di lavoro tratterrà la somma definita;
Pignoramento notificato all’istituto di credito
è il caso in cui la somma trattenuta è successiva all’accredito della busta paga sul conto corrente.
Sarà perciò il tribunale competente a notificare la procedura al lavoratore e al datore di lavoro (o all’istituto di credito). Quest’ultimi hanno 10 giorni di tempo per comunicare al creditore il totale dello stipendio del debitore, al fine di definire la somma mensile da pignorare.
Chi può chiedere il pignoramento dello stipendio e quali sono i limiti?
Il pignoramento può essere richiesto da:
un soggetto privato: l’importo trattenuto non può superare 1/5 dello stipendio netto del debitore;
l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia): in questo caso sono stabilite soglie differenti in base al totale dello stipendio percepito. L’importo pignorato è di:
- 1/5 dello stipendio per stipendi superiori a 5.000€
- 1/7 dello stipendio se questo è compreso tra da 2.500 a 5.000€
- 1/10 se lo stipendio è inferiore a 2.500€
Se si dovessero sommare più creditori, questi saranno risarciti progressivamente, in modo che rimanga almeno la metà dello stipendio a disposizione del debitore.
Si deve considerare che per calcolare il quinto dello stipendio sono escluse eventuali cessioni del quinto, che il debitore ha volontariamente aperto. Quindi, in caso di debiti, per bloccare cessioni del quinto e pignoramenti è sempre utile verificare se si può accedere alla legge sul sovraindebitamento e risolvere definitivamente il problema dei debiti.
C’è da notare inoltre che se il debitore perde il lavoro, si interrompe anche il pignoramento sul suo stipendio e il creditore dovrà ripetere la procedura in caso di assunzione presso un’altra azienda.
SOGLIE DI IMPIGNORABILITÀ
Soglie di impignorabilità dello stipendio
Non esiste una vera e propria soglia minima di impignorabilità dello stipendio, quindi anche importi piccoli possono essere pignorati.
Limiti di pignoramento sul Conto Corrente
C’è invece una soglia di impignorabilità sulle somme di redditi di lavoro dipendente depositate sul conto corrente. La legge ha disposto che non sono pignorabili le somme depositate sul conto pari a tre volte l’assegno sociale, quindi 1.509,81€ nel 2023. Il pignoramento in questo caso non sarà integrale, ma solo per le somme eccedenti a 1.510€ circa.
Limiti di pignoramento sulle pensioni
Nel 2022 è stato modificato il limite di impignorabilità delle pensioni: il “minimo vitale” sale a 1.000 euro, limite sotto il quale non si può eseguire nessuna forma di pignoramento.
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COME CI SI PUÒ TUTELARE DAL PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO?
Nel momento in cui viene notificato il pignoramento dello stipendio, si può agire nei modi indicati qui sotto.
Opposizione al pignoramento
Entro 40 giorni dalla notifica del primo decreto ingiuntivo, il debitore può contestarlo al giudice che lo ha emesso. Se non c’è opposizione, il decreto ingiuntivo diventa titolo esecutivo, necessario per poter procedere con il pignoramento.
Quando il creditore ottiene il titolo esecutivo, che è l’atto di pignoramento, il debitore potrà opporsi depositando al giudice un atto di citazione in due modalità:
- contestando il diritto del creditore a procedere, con l’opposizione all’esecuzione, se il pagamento è già avvenuto, se il credito è prescritto o se la somma non è calcolata correttamente;
- evidenziando irregolarità nella procedura, con l’opposizione agli atti esecutivi, come ad esempio mancate notifiche.
Pagamento del debito e blocco del pignoramento
Se il debitore paga tutto il suo debito e le spese all’ufficiale giudiziario, ottiene il blocco del pignoramento.
Riduzione del debito e Saldo e stralcio
Il modo più efficace, utile e meno oneroso per ottenere la riduzione del debito, è il Saldo e Stralcio, ovvero un accordo tra debitore e creditore che prevede la riduzione del debito a fronte di un pagamento immediato o a breve termine.
Grazie a questo accordo si evita il pignoramento e si ottiene anche l’estinzione del debito.
Ricorso alla Legge sul Sovraindebitamento (o Codice della Crisi)
che altro non è che l’ ex Legge3 del 2012 detta “salva suicidi”, aggiornata nel 2022.
Se il debitore ha maturato un debito elevato e non ha la possibilità di ripagare il creditore, l’unica alternativa è il ricorso alla legge sul sovraindebitamento, che blocca immediatamente ogni azione esecutiva e ogni pignoramento, permettendo una riduzione del debito e l’esdebitazione.
L’esdebitazione permette di far recuperare parzialmente ai creditori quanto da loro erogato e offre la possibilità al debitore di risolvere definitivamente la sua situazione in base alle sue possibilità, restituendogli una vita dignitosa.
In sintesi:
- Il creditore recupera parzialmente le somme erogate;
- Il debitore ha la possibilità di sanare i suoi debiti;
- Eventuali debiti residui vengono cancellati;
- Si richiede l’eliminazione della propria posizione dalle banche dati dei cattivi pagatori (fra le quali il CRIF).
TUTTE LE SOLUZIONI SOPRA DESCRITTE SONO APPLICABILI PRIMA DEL PIGNORAMENTO!!! INFATTI IL TITOLO CITA CHIARAMENTE “COME EVITARE…”, QUINDI SE VI HANNO GIÀ PIGNORATO, RIVOLGETEVI AD UN BUON AVVOCATO PERCHÉ LE VIE D’USCITA SONO BEN POCHE…
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COME EVITARE IL PIGNORAMENTO DEL TFR
Vi espongo alcuni metodi per evitare che vi venga pignorato il TFR. Come sempre, ripeto, è sempre meglio non arrivare a tanto e cercare una soluzione prima che ciò accada.
Passare a un Fondo Pensione
Come prima soluzione c’è quella di passare ad un fondo pensione. È un metodo per togliere il TFR accumulato fino ad ora. Fate attenzione alla scelta del fondo pensione (parere personale).
Rivolgersi ad un Legale
Come seconda opzione, se il debito è di una certa entità (altrimenti potrebbe non convenire), c’è quella di rivolgersi ad un Legale, anche solo per un consiglio sul da farsi.
PIGNORAMENTO FATTO DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
Quando i debiti fanno riferimento a cartelle esattoriali già notificate (ma non ancora pagate), le limitazioni sono ancora più ristrette. Se il soggetto che agisce è quindi l’Agenzia Entrate Riscossione, il pignoramento dello stipendio avviene in base al valore della busta paga, in particolare:
- fino a 2.500 euro: un decimo (1/10)
- fino a 5.000 euro: un settimo (1/7)
- oltre 5.000 euro: un quinto (1/5)
La legge stabilisce, dunque, che lo stipendio non può essere pignorato oltre il limite di 1/5. Questo calcolo deve essere effettuato sull’importo netto, non su quello lordo.
Esistono, tuttavia, delle eccezioni in cui la percentuale del pignoramento dello stipendio può essere superiore al 20%. Sale, infatti, al 30% nel caso in cui il pignoramento derivi da crediti di natura alimentare, come ad esempio gli alimenti destinati ai figli.
Il trattamento di fine rapporto / servizio (TFR o TFS per gli statali) è sottoposto agli stessi limiti. Per cui se un creditore pignora lo stipendio e sono versate al dipendente quote del TFR, queste verranno pignorate per la stessa percentuale dello stipendio stesso.
Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare la prima casa?
SI, ma in presenza di condizioni più stringenti rispetto ai debiti con i privati.
Come funziona il pignoramento della prima casa da parte di Agenzia delle Entrate Riscossione?
Il pignoramento della prima casa è il primo passo del procedimento giudiziario di esecuzione immobiliare, che può essere intrapreso da un creditore nei confronti di un debitore che non ha pagato il suo debito entro i termini stabiliti.
L’obiettivo del creditore è ottenere la vendita obbligata all’asta dell’immobile del debitore e trattenere il ricavato per soddisfare il suo credito. Il debitore perde quindi la proprietà e il possesso della sua abitazione principale.
In caso di debiti di natura fiscale (che derivano da somme dovute alle amministrazioni pubbliche) l’Erario può rivalersi anche sull’immobile in cui risiede il contribuente insolvente; in alcuni casi solo dopo aver iscritto l’ipoteca su di esso.
In quali casi Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare la prima casa?
Agenzia delle Entrate Riscossione può vincolare la prima casa dei contribuenti morosi solo se si verificano determinate condizioni:
- il debitore vi ha posto la sua residenza anagrafica;
- l’immobile è l’unico di proprietà del debitore esecutato;
- la casa è accatastata per uso abitativo civile;
- l’immobile non è di lusso, secondo le categorie catastali.
Inoltre, Agenzia delle Entrate Riscossione non può procedere nemmeno se il debito complessivo del contribuente nei confronti dell’Erario è inferiore a 20.000 euro. In questo caso vale anche il divieto di iscrivere l’ipoteca immobiliare, ma deve cercare altri beni da pignorare (ad esempio il conto corrente, l’automobile, lo stipendio, la pensione).
Invece, se l’ammontare del debito è tra 20.000 e 120.000 euro, Agenzia delle Entrate Riscossione può iscrivere l’ipoteca sulla casa, ma non può procedere al pignoramento. L’ipoteca serve solo come garanzia aggiuntiva per il credito e non comporta la perdita dell’immobile.
Solo se il debito è maggiore di 120.000 euro, Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare la prima casa del contribuente inadempiente, a meno che non si tratti di un immobile non pignorabile per legge (ad esempio per motivi di interesse storico o artistico).
I debiti dei genitori con l’Agenzia delle Entrate si trasmettono ai figli?
Sì, si trasmettono agli eredi insieme ai crediti, e alle altre risorse attive, per cui in caso di successione, se accetti, il debitore diventi tu.
Se vorrai evitare questo problema, dovrai fare la rinuncia all’eredità
Con la rinuncia, l’erede rinuncia a tutte le attività e le passività del defunto, ma è molto importante fare attenzione ai particolari: tenere un oggetto appartenente al de cuius può comportare un’accettazione di fatto dell’eredità.
Tuttavia, ci potrebbe essere anche un’altra soluzione, ossia l’accettazione con beneficio di inventario.
COME EVITARE O CONTRASTARE IL PIGNORAMENTO DELLA PRIMA CASA
Esistono alcune possibilità per sfuggire legalmente al pignoramento, a seconda del momento in cui si interviene e dalla situazione patrimoniale del debitore.
Prima dell’iscrizione di ipoteca
La prima cosa da fare per salvare la prima casa è cercare di estinguere il debito entro i termini previsti dalla cartella esattoriale o dall’avviso di accertamento.
Se ciò non è possibile, si può richiedere all’Agenzia delle Entrate Riscossione una rateizzazione del debito. In questo modo si sospende la riscossione coattiva e si evita l’iscrizione di ipoteca sull’immobile.
Se il debito è inferiore a 20.000 euro, si può anche chiedere all’Agente della Riscossione di rinunciare all’iscrizione di ipoteca sull’immobile, a condizione che il contribuente non abbia altri beni pignorabili e che dimostri la sua situazione di difficoltà economica.
Un’altra opzione per scongiurare il pignoramento della prima casa in presenza di debiti erariali superiori a 120.000 euro, è quella di vendere l’immobile prima che venga iscritta l’ipoteca, con la speranza di ottenere un prezzo di vendita più alto rispetto all’asta, così da saldare l’intero debito.
Dopo l’iscrizione di ipoteca
Se Agenzia delle Entrate Riscossione ha già iscritto ipoteca sull’immobile, le possibilità per evitare il pignoramento della prima casa sono più limitate. Tuttavia, si può ancora tentare di pagare il debito nei termini previsti dalla notifica dell’ipoteca o chiedere una rateizzazione. In tal modo si può ottenere la cancellazione dell’ipoteca e la sospensione della procedura esecutiva.
Se quelle soluzioni non sono possibili, si può provare a proporre all’Agenzia delle Entrate Riscossione il saldo e stralcio (ma non ci fate troppo affidamento su questa soluzione! ndr), ossia una transazione fiscale “bonaria” per chiudere la controversia tributaria con il pagamento di una somma minore rispetto al debito originario.
Che cos’è l’ipoteca?
L’ipoteca è una forma di tutela per mezzo della quale il creditore (la Banca) si protegge dal pericolo di insolvenza da parte del debitore.
Nel caso del mutuo ipotecario, il pagamento delle rate è garantito da un’ipoteca sull’immobile, che di solito è stessa casa che si vuole acquistare.
Dopo il pignoramento
Se Agenzia delle Entrate (ex Equitalia) ha già pignorato la prima casa, le possibilità di evitare la vendita all’asta sono quasi nulle. Tuttavia, si può ancora tentare l’opposizione con un ricorso al giudice dell’esecuzione.
Il ricorso
Il ricorso può essere fondato su vari motivi, tra cui:
- la nullità o l’inefficacia del titolo esecutivo (ad esempio la cartella esattoriale) o dell’atto di pignoramento, per vizi formali o sostanziali;
- erronea individuazione o valutazione dell’immobile;
- esistenza di cause di impignorabilità o di esenzione non prese in dovuta considerazione;
- il pagamento o la prescrizione del debito.
Opposizione agli atti esecutivi
è possibile contestare la validità degli atti preliminari all’esecuzione forzata, ad esempio se ritieni che ci siano state irregolarità nella notifica del titolo esecutivo o del precetto.
Opposizione all’espropriazione
permette di sollevare dubbi legati direttamente alla procedura di espropriazione, come errori nell’individuazione dei beni pignorabili o nella condotta dell’asta.
Opposizione al rilascio
se si ritiene che ci siano motivi validi per non lasciare la casa dopo l’aggiudicazione. Ciò è particolarmente rilevante quando nella casa vivono minori o disabili e si vuole focalizzare l’attenzione sull’assenza di soluzioni abitative alternative.
Eccezione d’incompetenza
Se si ritiene che il Giudice (o il Tribunale) che sta gestendo la procedura di pignoramento non sia competente. Questa mossa può portare a una sospensione del procedimento fino alla decisione su quale giurisdizione debba effettivamente occuparsi della causa.
Quali beni non sono pignorabili dal fisco?
Non tutto è pignorabile. Ad esempio, il fisco non può pignorare la casa di abitazione quando questa è l’unica ed è destinata a residenza. Tuttavia deve essere tenuto presente che, in caso di possesso di altri beni immobili, anche l’abitazione pignorata è successivamente messa all’asta. Oltre alla casa, altro esempio classico di pignoramento è quello del conto corrente, anche se cointestato; tuttavia in questo caso il pignoramento potrà arrivare fino al limite del 50% del valore presente sul conto.
Altra classica tipologia di pignoramento è quello mobiliare. Tuttavia, non tutti i beni possono essere oggetto di pignoramento. Ad esempio, non possono essere sottratti beni indispensabili, come elettrodomestici e generi alimentari, oltre che beni di valore affettivo. Neanche le polizze assicurative sono pignorabili.
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PIGNORAMENTO IMMOBILIARE: CHE FINE FANNO GLI ARREDI E TUTTI I BENI MOBILI PRESENTI DENTRO L’ APPARTAMENTO IPOTECATO?
Su cosa verte il pignoramento immobiliare?
Il pignoramento immobiliare colpisce beni immobili appartenenti al debitore, solo quelli indicati nell’atto di pignoramento. È il creditore stesso a scegliere su quali beni agire e su quali no.
Il pignoramento si estende in automatico anche agli accessori ed alle pertinenze dell’immobile pignorato. Non c’è bisogno di un secondo atto di pignoramento per tali beni, anche se non sono stati espressamente indicati nell’atto di pignoramento. Accessori e pertinenze non rientrano nel pignoramento solo se hanno dati catastali diversi dal bene principale: in tal caso se non si indicano i dati catastali propri di tali beni, la pertinenza non si considera pignorata.
Il pignoramento immobiliare si estende ai beni mobili e all’arredo?
L’atto di pignoramento immobiliare non si estende in automatico anche ai mobili che lo arredano. Quindi è necessaria un’ulteriore azione esecutiva, che però può essere effettuata contestualmente al pignoramento immobiliare. Questo significa che, se la casa viene venduta all’asta, potrai portare via tutto ciò che c’è all’interno. Sicuramente verrà dato un termine massimo per spostarli altrove e se non lo farai entro i termini, sarà il custode o l’ufficiale giudiziario a sistemarli presso un deposito a tue spese.
Allo stesso modo, anche l’ipoteca sulla casa iscritta dal creditore non si estende sui beni mobili al suo interno.
Il creditore può fare sia un pignoramento immobiliare che mobiliare?
Il creditore potrebbe far pignorare contemporaneamente sia l’immobile che i mobili che lo arredano. Questo spesso accade quando l’abitazione ha scarso valore ed è presumibile che i beni che vi sono all’interno possano contribuire a soddisfare l’interesse del creditore.
Tieni presente che, se per il pignoramento immobiliare devi ricevere l’atto preventivo, per quello mobiliare vedrai direttamente l’ufficiale giudiziario a casa tua.
L’ufficiale deve redigere due distinti verbali che poi devono essere depositati insieme nella cancelleria del tribunale.
PIGNORAMENTO IN CASO DI FIGLI MINORI O MEMBRI DISABILI
Pignoramento casa con figli minori
Non esistono norme specifiche che tutelano la famiglia dal pignoramento della prima casa in presenza di figli minori.
Questo significa che, in teoria, una famiglia con bambini può trovarsi nella situazione di vedere pignorata la propria abitazione.
Sta al Giudice valutare la situazione complessiva della famiglia, prima di procedere con l’esecuzione; potrebbe considerare elementi come la presenza di figli con particolari necessità o disabilità.
Pignoramento prima casa con membri disabili
La Legge non offre una protezione automatica contro il pignoramento della prima casa. Nonostante le particolari esigenze che le famiglie con membri disabili possono affrontare, la legge non prevede esenzioni specifiche per queste situazioni.
Questo processo, però, diventa delicato e complesso quando ci sono bambini o persone disabili coinvolti. Ciò rende inevitabilmente necessarie particolari attenzioni.
Queste sono le fasi:
Ordine di liberazione
L’acquirente (colui che si è aggiudicato l’asta) deve richiedere al Giudice l’emissione di un ordine che intima al debitore di lasciare libero l’immobile entro 30 giorni dalla notifica.
Sgombero forzato
Si attua con il supporto delle Forze dell’Ordine nel caso in cui il debitore non rispetti il termine.
Proroga per situazioni difficili
In casi di particolari difficoltà, come la presenza di minori o disabili, il giudice può prorogare il termine per la liberazione dell’immobile fino a 18 mesi.
Sospensione o differimento
La legge prevede casi in cui il rilascio dell’immobile può essere posticipato, come quando esiste un contratto di locazione precedente al pignoramento o se la casa è assegnata al coniuge affidatario dei figli minori.
Supporto dei servizi sociali
In situazioni di particolare fragilità, il giudice può richiedere l’intervento dei servizi sociali, al fine di garantire una tutela maggiore per i minorenni o membri con problemi di salute che si trovano coinvolti nello sfratto.
Come rendere impignorabile la prima casa con dentro figli minori?
Come già detto in precedenza, la legge non prevede protezioni specifiche per rendere impignorabile la prima casa, anche se in essa abitano figli minori.
NULLATENENTE: COSA SI PUÒ PIGNORARE?
Non ha lavoro e nessun bene intestato: a volte, però, il nullatenente è solo una persona furba.
Il Codice Civile stabilisce che il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Cosa succede se, però, si tratta di un nullatenente?
La parola “nullatenente” non è di carattere giuridico, perciò non si trova in nessuna legge e non sono neanche indicati i requisiti minimi perché una persona possa ritenersi tale. È bene, dunque, chiarire cosa si intende con questo termine.
Cosa vuol dire nullatenente
Nei fatti, il termine è usato per indicare “soggetti che non hanno un lavoro retribuito, o un reddito, e che non sono proprietari di alcun bene”. Nei confronti di un nullatenente è, quindi, impossibile avviare un pignoramento perché la procedura risulterebbe negativa e senza esiti fruttuosi. Un nullatenente è anche colui che è titolare di redditi non pignorabili, ad esempio una pensione al di sotto del minimo vitale o chi possieda un’auto di valore irrisorio.
Il vero nullatenente, insomma, è colui che non ha niente nelle due principali banche dati, l’anagrafe tributaria e l’anagrafe dei conti correnti.
- Nella prima confluiscono tutte le informazioni relative a redditi percepiti dal soggetto, sotto qualsiasi forma (da locazione, da lavoro, da investimenti, ecc…).
- Nella seconda confluiscono, invece, tutte le informazioni relative a conti correnti o altri depositi in banca o alle poste.
Il più delle volte, però, il nullatenente è semplicemente una persona furba che è riuscita a nascondere le proprie disponibilità economiche intestandole a qualcun altro per aggirare la legge. In molti casi, infatti, lasciano tracce di un eventuale spostamento di beni, che una società investigativa può riuscire ad individuare, attraverso delle indagini per recupero crediti.
Infine, si può essere nullatenenti anche se si è proprietari di beni. La legge, infatti, stabilisce una serie di beni che, seppur di titolarità del debitore, non sono pignorabili.
Pignorare il nullatenente
Essere nullatenenti non significa, però, essere al riparo dalle azioni di pignoramento. I debiti, infatti, si prescrivono di norma dopo 10 anni e la prescrizione potrebbe anche non compiersi mai se il creditore invia una diffida di pagamento prima della scadenza del termine. Inoltre, il debito potrebbe protrarsi tutta la vita e ricadere sugli eredi che hanno accettato l’eredità o che non siano a loro volta nullatenenti.
Un caso tipico è, poi, l’alienazione di immobili alla moglie o ai figli. Questi contratti possono essere revocati se avvenuti fino a 5 anni prima. In pratica, se si dimostra che il nullatenente è debitore e ha alienato i propri beni per evitare il pignoramento, i contratti possono essere annullati e il creditore potrà rivalersi sul bene. La revoca non è richiesta se l’immobile è alienato (venduto o donato) nell’arco di un anno.
Come ricercare i beni di un nullatenente
Un soggetto che risulta nullatenente sulla carta e che si rende insolvente è spesso benestante. Il creditore può, quindi, rivolgersi ad un’agenzia investigativa per individuare eventuali beni pignorabili e per determinare quale sia il reale patrimonio del debitore.
In molti casi i soldi potrebbero essere stati nascosti in conti correnti presso banche straniere o essere su carte prepagate, che sono altrettanto pignorabili.
Il debito, infine, può colpire anche i familiari del debitore deceduto, che hanno accettato l’eredità o che sono in possesso di beni. Il creditore, potrebbe, quindi, agire contro gli eredi pignorando i beni ereditati.
Parente nullatenente, come evitare i suoi debiti
A prescindere dal testamento, c’è sempre una eredità da spartire, che non riguarda solo ed esclusivamente gli averi, ma possono coinvolgere anche direttamente i suoi debiti. Prima di procedere, è giusto avere ben chiara la differenza tra gli eredi legittimi e gli eredi legittimari per evitare di fare confusione senza nessun motivo. Per evitare di trovarsi investiti da debiti di un parente nullatenente, essendo nella sua linea di successione, c’è una soluzione da tenere in considerazione.
La prima cosa da fare se si è consapevoli di questa situazione è quella di rinunciare all’eredità. In tal modo si rinuncia tanto al denaro che eventualmente si potrebbe ricavare quanto i suoi debiti. Ovviamente, essendo nullatenente, non c’è il rischio che si possano ottenere dei beni ed i suoi debiti possono essere allontanati in questo semplice modo. A meno che, poi, ovviamente, non ci si voglia sobbarcare di questi debiti al fine di estinguerli per rispetto del defunto.
Evitare i debiti di un parente nullatenente: c’è l’alternativa
L’opzione alternativa è quella di accettare l’eredità con beneficio di inventario. In questo caso eventuali creditori potranno pignorare solo ed esclusivamente i beni che vanno in successione, senza andare ad intaccare i beni personali degli eredi in questione.
Le sanzioni non sono trasmissibili agli eredi, che sono responsabili unicamente dei tributi e dei relativi interessi.
Parente di un nullatenente con debiti: che cosa rischio?
Nel momento in cui una persona con debiti decede, non ci sono “problemi” in termini concreti dal momento che chi ne accetta l’eredità si assume anche la responsabilità per una parte dei debiti corrispondente alla fetta di eredità che gli spetta. Tradotto in altri termini: se una persona raccogliere il 50% di una eredità, avrà da pagare anche il 50% dei debiti che la persona aveva contratto. Se il debitore nullatenente è in vita, non rischiano nulla le persone che gli stanno attorno ed i parenti a meno che non gli abbiano fatto da garanti.
In tal senso, infatti, si andrebbero a configurare come responsabili in solido. Se invece si convive con la persona presa d’esempio qui, il discorso cambia. Nel momento in cui il creditore procede con il pignoramento per i debiti, esso è autorizzato a prendere tutto ciò che non rappresenta un bene di prima necessità, dando per scontato che appartengano al debitore. Starà poi eventualmente al parente convivente dimostrare il contrario e che invece quel bene è suo. Più alto è il debito, maggiore è il rischio che si corre, visto che si può arrivare a pignorare anche una casa.
Parente nullatenente, come tutelarsi
Nel caso in cui una persona con dei debiti decede, se la cifra è molto importante, si può decidere di rinunciare all’eredità. O magari accettare l’eredità con beneficio di inventario. Si tratta di una soluzione che serve ad evitare che finiscano nel pignoramento beni personali. Saranno pignorati solo ed esclusivamente quelli coinvolti nell’eredità che si è accettata. Se, invece, il debitore nullatenente è vivo, può essere importante conservare tutte le fatture degli acquisti fatti al fine di dimostrare all’ufficiale giudiziario la titolarità del bene in questione.
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IL PIGNORAMENTO DELLA CASA DEL GARANTE
Il pignoramento della casa del garante può essere avviato se il debitore principale non paga. Capitano spesso casi in cui la banca o la finanziaria richiedano ulteriori garanzie reddituali e/o patrimoniali prima di concedere mutui o finanziamenti.
Come funziona il pignoramento della casa del garante
È la procedura giudiziaria che consente al creditore di ottenere il pagamento del proprio credito attraverso la vendita forzata dell’immobile del garante, al posto del debitore principale risultato inadempiente per primo.
Praticamente il garante diventa responsabile del pagamento di quanto avrebbe dovuto il debitore principale.
A seconda delle clausole del contratto di garanzia, se il debitore principale risulta inadempiente, in tutto o in parte, il creditore aggredisce il patrimonio del garante a partire dai beni mobili fino agli immobili. Uno di questi può essere anche la sua abitazione principale.
Il garante diventa quindi il debitore principale e deve affrontare le stesse conseguenze del debitore originale, inclusa la possibilità di subire il pignoramento della propria casa, fermo restando il fatto che l’esecuzione forzata per aggredire la casa del garante può essere decisa solo dal Giudice.
Conseguenze per il debitore ed il garante
Il debitore principale rimane sempre responsabile del pagamento del proprio debito, anche se la casa del garante viene pignorata e venduta.
Come evitare il pignoramento della casa del garante
Per evitare che anche il garante subisca l’espropriazione del suo immobile, è cruciale che il debitore principale mantenga sempre in regola i propri pagamenti.
Anche in questo caso è sempre meglio muoversi PRIMA di arrivare al pignoramento, utilizzando i mezzi che la Legge mette a disposizione.
PIGNORAMENTO DEL CONTO CORRENTE
è un atto di espropriazione forzata. La Legge stabilisce che un creditore possa utilizzare questo procedimento per recuperare un credito che un debitore non riesce a saldare.
Il pignoramento può essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, ad eccezione dell’ultimo stipendio, il quale che resta disponibile per qualsiasi necessità del debitore.
Come avviene il pignoramento, i casi
La procedura di pignoramento di un conto segue un iter abbastanza articolato che varia a seconda del fatto che il creditore sia un privato (una banca, fornitore, cittadino) o se è l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Nel caso sia un privato
è il giudice designato a notificare l’atto di precetto, dando disposizione alla banca di procedere con il blocco del conto.
Agenzia delle Entrate Riscossione
non è necessario rivolgersi al giudice, essendo debiti fiscali accertati tramite cartella esattoriale.
Sbloccare un conto corrente pignorato
Una volta che il conto viene pignorato dall’ufficiale giudiziario, col conseguente blocco da parte della banca, lo sblocco può avvenire solamente su richiesta del creditore oppure su disposizione del giudice.
Come viene effettuato il pignoramento
Prima di procedere al pignoramento viene notificato un atto di precetto, ovvero un ultimo avviso con il quale si comunica l’esecuzione forzata se entro un periodo di tempo (non inferiore a 10 giorni) non avviene il pagamento a saldo del debito accumulato.
Come difendersi dal pignoramento del conto
Mantenere il conto senza saldo attivo
Una soluzione semplice è quella di mantenere il conto in rosso. Si può fare effettuando prelievi costanti per poi trasferire i soldi su un secondo conto intestato ad altri, per esempio ad un familiare.
Questo metodo non è esente da rischi, ma può essere un’opzione valida per mantenere il conto a saldo zero, continuando ad utilizzarlo e rendendo difficile il pignoramento.
Cointestare il conto corrente
Una soluzione che permette di limitare il pignoramento al 50%. Metodo che limita parzialmente “i danni”, specialmente è cointestato con il coniuge in comunione dei beni.
Aprire un nuovo conto
Aprire un secondo conto presso un’altra banca può essere una soluzione efficace per proteggere i soldi dal pignoramento. Questo metodo consente di continuare a ricevere pagamenti, anche se il conto principale è stato pignorato, indi bloccato.
Dimostrare la provenienza dei fondi da stipendio o pensione
Cerca di dimostrare che i fondi sul conto provengono da stipendi o pensioni. Questi redditi godono di una protezione legale, limitando la somma pignorabile.
Far emettere degli assegni circolari
In questo caso la banca preleva e custodisce il denaro del tuo conto, rilasciandoti assegni circolari. Questi sono a tutti gli effetti dei titoli che possono essere intestati anche ad un familiare oppure ad una persona di fiducia.
A questo punto hai tre anni di tempo per incassare l’assegno o per farlo revocare, con successivo riaccredito del denaro sul conto.
Come sapere se un conto corrente è pignorato?
L’atto di pignoramento viene notificato sia alla banca che al debitore. Così facendo il debitore è in grado di sapere se il proprio conto corrente è stato pignorato.
Di solito, le due notifiche, quella alla banca e quella al correntista, avvengono nello stesso momento, ma nulla esclude che l’una possa giungere prima dell’altra, a seconda della distanza dei due luoghi e dei tempi del servizio postale (nel caso di spedizione a mezzo posta) o dell’ufficiale giudiziario (nel caso di consegna a mano).
Così, se mai la banca dovesse ricevere il pignoramento prima del debitore, quest’ultimo potrebbe trovarsi dinanzi alla sorpresa di un conto pignorato senza averne ancora avuto comunicazione.
Quando si attiva il blocco del Conto Corrente?
Questo perché il blocco del conto corrente si attiva nel momento in cui la notifica viene portata a conoscenza dell’istituto di credito, anche se non è stata ancora eseguita quella al correntista.
Chiaramente, se il saldo sul conto è superiore rispetto all’importo riportato sull’atto di pignoramento, il correntista si troverà ad avere un conto più esiguo. Se invece il saldo è uguale o inferiore all’importo pignorato, il conto sarà completamente “a zero”.
Il blocco del conto avviene in pochi minuti dalla notifica, quindi chi ha ricevuto l’atto di precetto da non più di 90 giorni, deve prendere in considerazione la possibilità che eventuali accrediti sul conto corrente possano essere oggetto di pignoramento, nel caso in cui la propria banca abbia già ricevuto l’atto.
2 metodi per sapere se il conto corrente è stato pignorato
In breve, non c’è altro modo di sapere se il proprio conto corrente è stato pignorato, se non tramite queste due operazioni:
- il ricevimento dell’atto di pignoramento dall’ufficiale giudiziario o dal postino;
- la richiesta di estratto conto e verifica del saldo.
CONTI CORRENTI NON PIGNORABILI
A questo punto la domanda che sorge spontanea è:
Esistono conti correnti che non siano pignorabili?
La risposta è NO. Mentre in alcuni casi il pignoramento delle carte prepagate non è consentito, quando si tratta di conti correnti il pignoramento è sempre ammesso, indipendentemente dal tipo di conto.
Anche i conti correnti esteri intestati ad un debitore sono pignorabili.
Però, come è vero che ogni conto corrente può essere pignorato, è altrettanto vero che anche al debitore vanno garantiti i mezzi economici per il proprio sostentamento.
Ciò significa che vi sono limiti di legge che potenzialmente potrebbero rendere qualsiasi conto corrente impignorabile, se non altro non completamente.
Innanzitutto, non sono pignorabili i conti correnti in rosso.
I conti correnti, poi, dove al debitore viene accreditato lo stipendio e/o l’assegno pensionistico non sono interamente pignorabili, ma solo nella misura prevista dalla legge.
Inoltre come già detto, i conti correnti cointestati possono essere pignorati solo per metà (50%).
Non sono inoltre pignorabili i conti correnti su cui viene accreditata solo la rendita di un’assicurazione sulla vita e/o la pensione di invalidità e/o assegni di accompagnamento per disabili, questo per la loro stessa natura di impignorabilità.
Quando un conto corrente non è pignorabile?
Un conto corrente può essere pignorato solo per la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Questo significa che, se al momento del pignoramento sono presenti somme superiori all’importo in questione, potranno essere pignorate nella totalità.
Al contrario, se la cifra presente è inferiore, il conto corrente non può essere bloccato. Nel caso in cui siano presenti versamenti relativi a stipendio o pensione, il conto corrente può essere pignorato, rispettando i limiti citati, fino alla totale estinzione del debito.
Quando non conviene pignorare il debitore?
- quando il debitore percepisce una pensione molto bassa;
- quando lo stipendio del debitore è gravato da una cessione del quinto e da un pignoramento;
- quando il debitore percepisce un reddito che deriva da un assegno alimentare.
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EREDITÀ E DEBITI
Ho già accennato cosa succede nel caso del parente nullatenente e nel caso dei debiti con Agenzia delle Entrate, passiamo adesso ad analizzare altre casistiche:
Eredità, quali sono i debiti non trasmissibili agli eredi
Di regola, gli eredi acquistano sia i crediti, sia i debiti del defunti, in proporzione alla quota ereditaria, mentre i legatari, cioè le persone che ottengono uno o più beni specifici del patrimonio, non acquistano debiti.
Rinunciare all’ eredità
Per evitare di ereditare i debiti del defunto occorre rinunciare all’eredità, davanti a un notaio o al Cancelliere del Tribunale di competenza, entro 3 mesi dal decesso della persona, se si è in possesso dei beni, oppure entro 10 anni, in caso di non possesso.
L’atto di rinuncia deve essere sicuramente fatto prima della divisione dell’eredità, che comporta la tacita accettazione della stessa. Rinunciando all’eredità, ci si lascia alle spalle debiti e crediti e non si corre il rischio che eventuali creditori possano avanzare richieste di pagamento nei confronti dell’erede.
La rinuncia è sempre la soluzione migliore?
Tuttavia, non sempre la rinuncia all’eredità è la soluzione più opportuna; anche qualora lo fosse, non sempre è praticabile poiché essa è totale, nel senso che non è possibile rinunciare ad una parte del patrimonio, ad esempio, un’azienda, e trattenerne un’altra parte, come l’abitazione.
Al riguardo, in caso di rinuncia all’eredità e nel patrimonio del defunto vi sia la casa che era destinata ad abitazione dei coniugi, pur rinunciando, il coniuge superstite conserva il diritto di uso e abitazione, che non è trasferibile, non consente di affittarla, non si trasmette agli eredi, è personale e, quindi, non si trasmette ai figli. Con questi limiti, almeno rimane un diritto sulla casa.
Fatta la rinuncia, il diritto ad accettare l’eredità si trasmette ad ulteriori discendenti, qualora ve ne siano. Ad esempio, qualora l’erede abbia un figlio minore, nel caso in cui l’erede rinunci all’eredità, il figlio minore diverrebbe, a sua volta, il chiamato all’eredità e per un minore, lo strumento più idoneo non è la rinuncia, ma l’accettazione con beneficio d’inventario.
In ogni caso, tale possibilità, è da prendere in considerazione anche da parte degli eredi maggiorenni.
L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario
Con l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario è consentito separare la responsabilità del patrimonio dell’erede, nei confronti dei creditori del patrimonio della persona deceduta.
I debiti del defunto verranno pagati soltanto con il patrimonio della persona deceduta e nel limite del suo valore.
Eredità: chi paga le sanzioni del defunto?
Per quanto riguarda le sanzioni, in caso di mancato pagamento dei tributi da parte del defunto, essi gravano interamente sugli eredi, i quali potranno ottenere soltanto lo scorporo delle somme richieste a titolo di sanzione, mentre la parte capitale dovrà essere interamente corrisposta all’Erario o all’ente titolare del credito.
Chi paga il funerale se non ci sono soldi?
Non sono poche le famiglie che affrontano questo disagio, oltre al lutto e alla sofferenza per la perdita di un proprio caro, senza sapere come pagare il funerale.
C’è anche chi non ha familiari in vita e nessun risparmio da parte, ma è superfluo dire che tutti hanno diritto a quest’ultimo atto di dignità e commemorazione, sia che si tratti di un funerale laico che religioso.
Cosa prevede la Legge?
La legge prevede degli strumenti per garantire l’ultimo saluto a coloro che versavano in condizioni di indigenza o non hanno nessuno che pensi alla cerimonia e alla sepoltura.
Si tratta dei cosiddetti funerali sociali e di povertà che, sebbene non possano sostenere celebrazioni particolarmente onerose, garantiscono quantomeno un commiato decoroso e la sepoltura del corpo.
Su chi ricadono le spese funebri?
In linea generale, le spese funebri ricadono sugli eredi o comunque sui chiamati all’eredità, cioè tutte le persone che possono subentrare nella successione del defunto per legge o per testamento.
I chiamati all’eredità non sono obbligati a pagare per i funerali del defunto finché non accettano l’eredità. Se il defunto non ha lasciato soldi in sufficienza nemmeno per il pagamento del funerale, questo non rappresenta un incentivo proficuo, motivo per cui spesso ci sono familiari disinteressati e nessuno che vuole pagare per il funerale.
Il rimborso pro-quota
Allo stesso tempo, è utile sapere che se qualcuno paga per intero i funerali ha diritto a pretendere dagli eredi un rimborso pro quota, ma limitatamente alle decisioni prese di comune accordo.
Eventuali spese non concordate, magari omaggi floreali particolarmente costosi, non devono essere rimborsate. Ovviamente, quando soltanto alcuni dei parenti sono indigenti o disinteressati ai funerali resta fra gli altri un obbligo condiviso, nei limiti delle loro possibilità (e dell’eventuale lascito ereditario).
Quando è il Comune a pagare i funerali
La legge prevede i funerali sociali e di povertà per garantire la sepoltura ai cittadini indigenti, senza nessuno che voglia o possa farsi carico della spesa.
Entrambi i funerali seguono le regole stabilite dal Comune, essendo finanziati proprio dall’Ente, ma i funerali di povertà sono completamente gratuiti grazie ai fondi annuali, mentre i funerali di sociali prevedono un contributo del 50%.
Per questo tipo di funerali è richiesta la partecipazione dei parenti fino al 6° grado, di norma per una spesa di 1.000 euro a carico della famiglia e pari somma a carico del Comune.
Ovviamente ogni Comune ha la facoltà stabilire i criteri d’accesso ai funerali sociali e a quelli di povertà, oltre al procedimento amministrativo, precisato dal regolamento di Polizia mortuaria.
DEBITI E CONDOMINIO
Cosa rischia chi non paga le spese condominiali?
Se non si pagano le spese di condominio, si rischia il pignoramento dei propri beni, finanche alla casa.
Infatti, condominio o il suo creditore possono agire in tribunale con una richiesta di decreto ingiuntivo e, in caso di mancato pagamento, procedere al pignoramento.
Come avviene il pignoramento per spese condominiali?
Il pignoramento per le quote non pagate avviene dopo che il condomino moroso ha ricevuto un decreto ingiuntivo e un atto di precetto che gli intimano di pagare le somme dovute entro un certo termine.
Se non provvede al pagamento, il creditore può pignorare i suoi beni, a partire dalla casa in condominio. Il pignoramento viene notificato al debitore e agli altri creditori eventualmente presenti.
Chi paga le spese condominiali dopo il pignoramento?
Dopo il pignoramento, il proprietario dell’immobile continua ad essere tenuto al pagamento delle spese condominiali.
Tuttavia, se il condomino moroso non le paga, il custode giudiziario deve anticipare le quote dovute e poi riprenderle dal ricavato della vendita forzata dell’immobile.
È POSSIBILE PIGNORARE IL CANONE DI LOCAZIONE?
Un creditore può pignorare anche i canoni di locazione, quindi se una persona ha dei debiti e mensilmente percepisce un affitto, su ordine del Tribunale alcune di queste mensilità potrebbero spettare al creditore.
Per far ciò il creditore deve agire secondo la procedura chiamata “esecuzione forzata” o anche “pignoramento presso terzi”.
Se l’affittuario non invia la comunicazione, cosa succede?
Una volta notificato l’atto di pignoramento, l’affittuario deve fare una comunicazione entro 10 giorni tramite Raccomandata o PEC, nella quale conferma di pagare un affitto, specificando quanto paga al mese.
Trascorsi i 10 giorni, se l’affittuario non avesse provveduto all’invio del documento, si apre una causa che accerta l’obbligo del medesimo a versare le mensilità al creditore del locatore. Il tutto si conclude con la condanna dell’affittuario a versare le somme arretrate al creditore del locatore.
Cosa succede se, nonostante la notifica dell’atto di pignoramento, l’affittuario continua a pagare l’affitto al locatore invece di fermarsi fino al giorno dell’udienza?
In questo caso, i pagamenti sarebbero da ritenersi non effettuati, e l’affittuario potrebbe essere condannato dal Tribunale a versare tali somme al creditore del locatore, anche se le ha già versate al locatore.
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DOMANDE E RISPOSTE
Chi può pignorare lo stipendio?
Il pignoramento dello stipendio può essere richiesto da qualunque creditore, pubblico o privato, che abbia un titolo di credito nei confronti del debitore, come ad esempio un assegno andato insoluto, una fattura non pagata, una cambiale o un contratto di mutuo. Tuttavia esistono delle regole, in base alle quali si applicano limiti specifici.
Come si arriva al pignoramento dello stipendio?
La procedura di pignoramento dello stipendio si articola in diversi passaggi. Innanzitutto, come già detto, il creditore deve possedere una prova certa e valida che attesti il suo diritto.
In base ad essa può richiedere al Giudice di emettere un decreto ingiuntivo, atto con cui intima al debitore di effettuare il pagamento entro 40 giorni dalla sua ricezione.
È bene precisare che il debitore può opporsi al decreto ingiuntivo nel caso in cui ritenga che vi sia un valido motivo. Tuttavia, questa azione prevede l’apertura di un procedimento giudiziario, con costi ulteriori rispetto all’eventuale debito finale da pagare.
Se il debitore non agisce in alcun modo, il decreto diventa esecutivo, generando l’obbligo di pagare l’importo previsto più le eventuali spese legali.
In questo frangente il creditore, tramite l’ufficiale giudiziario, invia al debitore l’atto di precetto con il quale richiede il pagamento del debito entro un massimo di 10 giorni. Decorsi questi giorni, il creditore può procedere con il pignoramento dello stipendio.
Le carte di credito o le prepagate possono essere pignorate?
SI. Le carte prepagate (con o senza IBAN), come la Postepay classica o la Postepay Evolution possono essere pignorate, se sono intestate al debitore. In generale tutte le carte di credito sono pignorabili.
E’ ovvio che il pignoramento riguarda la somma presente sul sistema, non la carta fisica. E per Agenzia delle Entrate Riscossione è piuttosto facile capire quali sono tutti i conti, le carte prepagate e non, intestate ad un debitore.
Solo le Carte Revolving non sono pignorabili. Ma queste, in realtà, sono carte di debito che sarebbe comunque meglio non avere, visti gli esosi tassi di interesse che vi vengono applicati sopra! (n.d.r.).
Pignoramento dell’auto
Il pignoramento dell’automobile può essere effettuato tramite la procedura tradizionale, ovvero a seguito di un’ispezione dell’ufficiale giudiziario, o tramite una procedura telematica, ovvero consultando l’Anagrafe Tributaria.
Il veicolo viene lasciato in custodia del proprietario fino al momento della vendita all’asta, ma in tale periodo non è possibile utilizzarlo.
Se la vendita non va a buon fine, il veicolo viene riconsegnato al debitore, che dovrà comunque sostenere le spese.
É possibile anche il pignoramento di un’auto cointestata, ma in questo caso i proventi della vendita dovranno essere assegnati per la metà al comproprietario.
Le polizze assicurative sono pignorabili?
NO. Le polizze assicurative non sono pignorabili.
Debiti tra privati, come funziona?
Se il pignoramento avviene nell’ambito di debiti tra privati, la regolamentazione in merito è differente, rispetto a questioni che riguardano enti pubblici, come ad esempio le cartelle esattoriali notificate dall’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Nell’ambito privato, le limitazioni relative al trattenimento di una parte della busta paga variano a seconda del momento in cui viene effettuato il pignoramento e alla tipologia di credito in questione.
Se esistono più cause creditizie, può essere pignorata fino alla metà della busta paga, comprensiva di straordinari, ma al netto di trattenute fiscali e previdenziali.
Possono essere notificati più pignoramenti nello stesso momento?
SI. Nel caso in cui vengano notificati più pignoramenti contemporaneamente si procederà saldando il credito in maniera progressiva. Questo significa che il secondo creditore riceverà quello che gli spetta solamente una volta che verrà saldato il credito del primo debitore.
Il limite del 20% dello stipendio può essere superato solamente se i crediti richiesti dai diversi creditori sono di natura differente tra loro. In ogni caso, al debitore deve essere garantita almeno la metà dello stipendio.
CONCLUSIONI FINALI
Dopo questa lunga trattazione avrete certamente capito che ritrovarsi con un pignoramento, di qualunque natura esso sia, è spiacevole e, se vogliamo, anche umiliante.
Personalmente consiglio di iniziare a cercare una soluzione PRIMA che il creditore avvii questo procedimento, perché DOPO diventa tutto più complicato e meno vantaggioso.
Per questo ti consiglio di affidarti ad aziende capaci di farsi carico del tuo problema per cercare una seria mediazione verso i tuoi creditori.
Le soluzioni ci sono, e possono essere molteplici…
ovviamente ogni caso è un caso a sé e va valutato in modo serio e professionale. Come già detto, la soluzione migliore, rimane quella di non arrivare a farsi pignorare dei beni o rischiare l’ipoteca sulla casa. Le Leggi e le Procedure per ottenere un lauto sconto % del debito esistono, ma vanno sapute applicare.
Soluzioni a confronto per uscire dal sovraindebitamento
Su internet si trovano diversi siti che parlano dell’argomento, focalizzandosi sulla Ristrutturazione del Debito, il Consolidamento e il Saldo e Stralcio. In extremis la Legge sul Sovraindebitamento, che però tira in ballo il Tribunale ed i costi non sono trascurabili. L’idea personale che mi sono fatta, leggendo diversi siti del settore, è che sia conveniente solo per cifre consistenti (superiori a 50.000 euro).
TUTTE LE SOLUZIONI SOPRA DESCRITTE SONO APPLICABILI PRIMA DEL PIGNORAMENTO!!!
SE VI HANNO GIÀ PIGNORATO, RIVOLGETEVI AD UN BUON AVVOCATO (potrei aiutarti, usa il modulo qui sotto)…
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Fonti delle informazioni: agenziaentrateriscossione.gov.it / agenziarisoluzionedebiti.it / consulenzalegaleitalia.it / dirittodiconsenso.it / diritto.it / laleggepertutti.it / tuteladelcredito.cloud / lastampa.it / sostariffe.it / fiscomania.it / dequo.it / debitoconsulting.it / avvocato360.it / milanofinanza.it / dirittodellacrisi.it / mutuionline.it / codiciateco.it / blog.solignani.it / usciredaidebiti.it / money.it / didominio.com
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